martedì 28 febbraio 2012

lunedì 27 febbraio 2012

Ei fuse

Sarà il caldo, sarà che è già inopinatamente lunedì e come al solito nel fine settimana mi sono dimenticata di riposarmi, sarà che dell'inaspettata calura invernale non si lamenta nessuno sui tram. Non lo so. Fatto sta che oggi sarò terribilmente seria ed andrò nelle prossime righe a denunciare un gravissimo episodio di bullismo che ha visto coinvolto qualcuno che mi stava molto a cuore.

Venerdì ho dato l'ultimo addio a quel che restava del mio pupazzo di neve.
Erano rimaste nell'erba due pallette un po' deformi, ormai separate l'una dall'altra. Corpo e testa di quello che avrebbe potuto passare alla storia come uno dei più brutti manufatti mai realizzati nella lunga tradizione dei brutti manufatti realizzati nei cortili di enti pubblici (compreso quello del Rettorato di via Po, per chi avesse familiarità).
Sapevo che il caldo primaverile previsto per il fine settimana non l'avrebbe risparmiato. Privilegio da meteorologo quello di sapere quando giunge l'ora di dare l'estremo saluto ai compagni di strada di un inverno.

È il momento di ricordare quel pupazzo di neve sfortunato, brutto per molti motivi.

Prima di tutto era storto. Ma non di uno storto che si sarebbe potuto dire "alla Picasso" o "alla moda dei futuristi". Era storto che si vedeva che noi avevamo provato a farlo liscio e tondo, ma proprio non ci eravamo riusciti.
Poi era sporco. La superficie esterna era ricoperta in modo irregolare di ciuffetti d'erba, pagliuzze e terriccio raccolti assieme alla neve durante la fase di "arrotolamento" delle varie sezioni del corpo. Parte della evidente deformità, c'è da scommetterci, era dovuta proprio al goffo tentativo di ricoprire gli aloni marroni con impacchi di neve incontaminata proveniente dall'aiuola adiacente.
Il volto era l'esempio lampante di come non sempre sia possibile arrangiarsi ed ottenere risultati soddisfacenti con quel che si ha a disposizione. Due fiori viola per gli occhi, premonizione di un futuro di violenze e soprusi. Un ghigno tutt'altro che amichevole nasceva da due rametti incurvati a contenere le pietruzze delineanti un sorriso decisamente sinistro. Era brutto ma era il mio pupazzo, maledizione!

Sì, era brutto il mio pupazzo.

Ma TU che in preda all'estasi dell'estetica, non visto, l'hai barbaramente abbattuto e lasciato lì, sdraiato, a fondere lentamente nel Sole ingiustamente caldo della scorsa settimana, TU non sei certo meglio di lui!

(Non credere di rimanere impunito, vile vandalo distruttore! Appena troverò una motivazione che limiti al minimo la possibilità di una richiesta di TSO nei miei confronti, i video di sorveglianza ti inchioderanno, e la mia vendetta sarà terribile)

Ecco. E adesso venga pure la primavera, credo di essere pronta.

martedì 21 febbraio 2012

Suocere e labrador

Il vento è fastidioso.

Il vento ti ributta nel giardino le foglie che avevi impiegato tutto il pomeriggio ad ammucchiare.

Il vento raccoglie con grazia un granello scelto in mezzo a milioni tra le sabbie del deserto sconfinato. Il vento lo porta con sé, lo custodisce. Il vento lo coccola e con infinita cura lo accompagna fino a te. Dritto nel tuo occhio.

Il vento è fastidioso ma preciso: lui sa quando hai appuntamento dal parrucchiere.

Insomma: il vento somiglia in modo preoccupante a tua suocera e/o al grasso labrador esagitato che sembrava un'idea tanto buona quel Natale di sette anni fa.

                                                  Poi però il vento ti fa delle robe così e allora tu cos'è che gli puoi dire?



Per rispondere anticipatamente alle prevedibili obiezioni:
  • Sì, il tuo labrador sa quando vai dal parrucchiere, e quel nuovo taglio non gli piace affatto.
  • Sì, tua suocera appena ti volti prende e risparge le foglie in giro per il prato per il puro piacere di rinfacciare alla figlia di aver sposato un imbecille.
  • Per il granello di sabbia non ho esperienze dirette: parlo per sentito dire.

martedì 14 febbraio 2012

Glaciazione!

Ma allora, 'sto Global Warming?
Giusto! Dove sono il caldo record e la desertificazione che ci avevate promesso?
E a quello gli hanno dato pure il Nobel!
Ma chi? Obama?
Ma no, quell'altro: quello che ha perso.
Ah, sì: Al Gore.
Eh. Vedrai ora, altro che riscaldamento: l'era glaciale arriva qui!
Quant'è vero..



 Domenica, Palazzetto del ghiaccio, ore 18:15 (circa).


Lo aspettavo da giorni. Ho viaggiato con l'orecchio teso per carpirlo dal giornalaio, al supermercato, in metropolitana.
Camminavo per la strada, salivo e scendevo dai tram girando per la città senza meta ad ogni ora del giorno e della notte aspettando solo questo dialogo.
Avrei potuto scriverlo e basta. Potevo inventarlo, dire l'ho sentito là il tal giorno, sarebbe stato lo stesso.
E invece no! Lo volevo vero. Tanto sapevo che sarebbe arrivato. Doveva arrivare prima o poi.

È interessante notare in quelle poche righe come l'uomo occidentale sia  fondamentalmente un essere coerente con l'ambiente che lo circonda. Il più delle volte dissimula: manifesta un plateale distacco dalla forza degli elementi. Quando però si tratta di rapportarsi con ciò che con ogni probabilità lo precipiterà verso una fine atroce ed ineluttabile no. È qui che l'uomo di città torna a cogliere quei dettagli del cosmo che paiono solitamente sfuggirgli nel frenetico tragitto casa-ufficio-(palestra e/o amante, per i più volenterosi)-casa.
Il dettaglio che risveglia quell'istinto di sopravvivenza sopito da secoli di agi? La temperatura esterna.
Alla prima goccia di sudore, al primo starnuto, la sua mente d'un tratto si accorge dell'habitat in cui il sadico demiurgo l'ha precipitato al momento della creazione.

È inverno: l'uomo tende a prefigurarsi una assolutamente immeritata estinzione causata da un'improvvisa e cinematografica nuova era glaciale.
È estate: l'uomo attende con orrore l'inevitabile ed appiccicaticcia ecatombe da riscaldamento globale.

Se la normale canicola padana lo trascina nelle strade torride a firmar petizioni pro "Kyoto", un mese di freddo intenso lo porterà ad aumentare le schiere del negazionismo più estremo al cambiamento climatico in atto.

Tranquilli, non sono qui a predire l'ennesimo scenario apocalittico da imminente fine del mondo: sono più che certa che il pianeta ce la farà benissimo anche senza di noi.

P.S.: L'essere umano moderno tende a tranquillizzarsi nelle mezze stagioni.

[Grazie ad Angelo per lo spunto! :) ]

martedì 7 febbraio 2012

Un popolo di meteorologi

Premesso che:
  • L'economia crolla? Il vicino di tavolo al ristorante ti fornisce il prospetto quinquennale per la (ri)nascita del tuo portafoglio azionario.
  • Una nave da crociera si frantuma sugli scogli? Il commesso del supermercato ti consiglia di raggiungere i ripiani più alti dello scaffale risalendo sulla biscaglina.

Cosa succede in questi giorni.
Puntuale come la fusione del sangue di San Gennaro (e se ci riesce questa settimana, un pensierino alla conversione allora lo faccio pure io) si compie, con l'arrivo dell'ondata di qualunquecosa, il rito del tiro al meteorologo. Disciplina molto popolare, sarà candidata alla ribalta olimpica nel caso Roma dovesse prevalere per le competizioni del 2020 (o 2022, vista l'aria che tira).

Il processo del martirio del previsore segue uno schema fisso.
Caso 1: Il meteo predice con esattezza esemplare il tempo per il tuo week end in Papuasia? Miracolo dei modelli e della tecnologia.
Caso 2: È inverno, il meteo dice: "Occhio perché da domani nevica tanto così!" e poi nevica sì, ma "tanto così" e un po'? Al rogo il meteorologo.

L'ultima fioritura professionale in ordine di tempo riguarda proprio la figura del meteo/climatologo specializzato nelle emergenze con delega alla Protezione Civile.
Ovvero:
"Se il Papa guarda la neve dalla finestra e ci rassicura sull'imminente arrivo della primavera, chi sono io per non dire la mia sulla perturbazione siberiana che mi imbianca il vialetto di casa?" si interroga il passeggero medio dell'autobus urbano.

Gli specialisti meteo del mezzo pubblico si dilungano in brillanti considerazioni sull'attuale stato pietoso in cui versa la propria città ostaggio del gelo. Ma ecco che subito l'ala climatologica del tram insorge. Ai suoi tempi questa neve in fondo era normale: una pala, un po' di sale e via a lavorare. I più impavidi accennano analisi sinottiche da manuale universitario che però si interrompono sul più bello perché, diciamolo, un servizio intero del TG2 chi è mai riuscito a guardarlo?

L'aria è così fredda perché arriva dalla Siberia.
Vero! Mica è aria nostra questa, si sente si sente.

C'è la bassa pressione che la porta tutta qua.
Bassa pressione? Ce l'ha pure mio marito! Ma mi dica mi dica, com'è che funziona?

Guardi non lo so, la bambina s'è messa a frignare ché voleva vedere i Puffi e ho girato, ma secondo me c'entra l'effetto serra.
Ah sì, non me ne parli. Brutto affare l'effetto serra. Ma davvero i Puffi li fanno ancora?

...
[e niente, poi si parlava dei Puffi e mi sono distratta]

domenica 5 febbraio 2012

O non meno quindici

Contrordine! 
Niente precipizio a meno quindici.
 
Ma forse sì.
Ti dico di no.
Sì sì!
Ma quando?
Domenica.
Ma non era Sabato?
Eh, ora è per Domenica.
Qui si continua a rimandare.


Niente riesce a deludere così profondamente il grande pubblico come una calamità annunciata e poi scansata in extremis.

mercoledì 1 febbraio 2012

Meno quindici

Una soglia fatale in questi giorni sconvolge il Nord Italia: -15°C.

A quanto va questa notte?
Meno dieci. Ah, vabbé.
Meno dodici. Mmm.. Freschino.
Meno quindici. PANICO.


Se avete letto i giornali degli ultimi giorni, saprete già che il genere umano/padano non arriverà a vedere l'alba di Lunedì.

Andiamo ad analizzare nel dettaglio come alcune categorie sociali rappresentative (leggi "che mi sono venute in mente") verranno sterminate a causa del freddo intenso.

I proprietari di cani di media e grossa taglia.
Essi saranno trascinati per decine di chilometri su interminabili lastre di ghiaccio dalle care bestiole esaltate dal paesaggio innevato.
Chi perirà lungo il percorso sarà amorevolmente sbranato dalle succitate bestiole, sfinite dalla lunga corsa.
I superstiti, non appena riusciranno a fermarsi, ecco che si stabiliranno sul posto e si rifaranno una vita da zero, pur di non ripetere l'esperienza tentando un improbabile ritorno.

Gli automobilisti.
Essi passeranno le ultime ore della loro triste vita cercando di liberare i propri mezzi bloccati dalla mirabile azione degli spazzaneve.
Questi giganti buoni puliscono le strade in modo esemplare, rasentando la perfezione, ma onde evitare poi che le macchine deturpino il loro capolavoro le cingono con invalicabili ganasce di neve compattata, la cui resistenza e longevità raggiunge picchi paragonabili al miglior marmo di Carrara.
Nel caso (improbabile) che riesca a liberare il veicolo a colpi di pala (quindi senza doverlo completamente smontare e rimontare nel centro della carreggiata) il proprietario dell'auto sarà quasi certamente terminato a badilate dal vicino di parcheggio, accortosi che proprio accanto alla sua vettura è stato riversato il materiale di risulta.

Gli anziani.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, gli anziani saranno i meno colpiti dalla calamità.
Avendo la televisione accesa ventiquattr'ore su ventiquattro, sono perfettamente informati sull'evento che incombe: hanno allertato da giorni figli, figlie, nuore e generi perché li riforniscano di ogni possibile bene di prima (seconda o terza) necessità. Casa loro pullula di cibo (fresco per i primi giorni, scatolame in caso il dramma perduri oltre la scadenza di latte e derivati). Non mancano scorte di medicinali, riviste, gomitoli di lana e gatti da compagnia. Possono gettare le chiavi e restare sotto le coperte per mesi, attendendo comodamente il disgelo.
Gli unici tra loro che purtroppo ci lasceranno sono quelli che avranno trascurato un unico dettaglio nell'altrimenti perfetto piano di sopravvivenza (affinato fin dai tempi della resistenza partigiana sulle montagne cuneesi): le batterie del telecomando. Queste con ogni probabilità si esauriranno nel bel mezzo della mattinata. Generi e nuore sono al lavoro, i nipoti a scuola. Il pensiero di cinque, forse sei interminabili ore di impotenza televisiva li spingerà ad avventurarsi all'esterno.
Una volta lì, come è ovvio aspettarsi, per loro purtroppo non ci sarà più nulla da fare.

Non per niente, l'apocalisse Maya è fissata a fine Dicembre, mica ad Aprile.