giovedì 13 giugno 2013

Hai prenotato?

E lo so.
Lo so che hai prenotato.
Lo so che quella misera maledetta settimana a metà agosto è l'unica parvenza di ferie che vedrai per quest'anno.
Lo so perché ci sono dentro tanto quanto te: io ho prenotato a Novembre.
Ho prenotato a Novembre dell'anno scorso 10 giorni di mare. Gli unici 10 giorni. Ho dato l'acconto, quindi è fatta.
Non si torna indietro e lo so che l'ansia inizia a montare. L'ansia comincia con un leggero ronzio. Qualche piccolo dubbio. Una lieve tensione nervosa. Poi sbrocchi.

La tua vita non ha più senso. Non telefoni agli amici. Non parli con i tuoi. Il tuo compagno quasi non ti riconosce. Tutto il tuo essere è proteso verso quella piccola, innocente, persistente domanda. Lo devi sapere. Quel dubbio maledetto giorno dopo giorno ha eroso ogni altra sinapsi di quello che solo pochi mesi fa era considerato da molti un cervello ben più che discreto. Ti accorgi che ormai la tua non è più vita e allora sbotti e pervadi il mondo con la tua incontenibile frustrazione. Ti carichi, inspiri, chiudi gli occhi ed ogni tuo muscolo volontario, involontario, e pure qualche obiettore, si contrae nell'emozione del momento.

Esce un sussurro: "Ma a Ferragosto, come farà?"

Il tuo è un sussurro. Ma è proprio in quel momento, la mente appena liberata dal macigno che opprimeva i tuoi sensi: è lì che incominci a percepire una piccola eco. Prima è lontana, poi ecco che tutto attorno nascono altre vocine. Prima sono vocine incerte, come la tua. Poi diventano voci più potenti, sempre di più, la forza nel numero che cresce pian piano.

"Ferragosto.." "Ferragosto.." "Grigliata.." "Crociera a fine Luglio.." "Campeggio a Settembre.."

È palese, è condiviso. È così per tutti: la tua vita, la vita di tutti voi (noi), popolo prenotatore, riacquisterà senso solo nel momento in cui sapremo. Quando settimane, ma perché no, mesi prima della fatidica data, sapremo se Zeus malvagio rovinerà la nostra povera felicità grandinandoci la misera tenda di fulmini crudeli e infide saette.

Ma ecco che un'altra, flebile vocina si fa avanti. È tutta sola. Avanza un po' tremolante a dire il vero. Non si capisce bene da dove venga ma a forza di guardarsi attorno, di cercare sopra e sotto eccola là, in un angolino della nostra coscienza. La vocina è quella di un piccolo grillo parlante. Un grillo parlante che dentro ognuno di noi ci dice che no, che nessuno potrà veramente rispondere alle nostre pressanti domande (e non potranno perché è troppo presto, perché le previsioni del tempo non funzionano così, perché non è cattiveria, è solo senso di responsabilità, perché...).
Il povero grillo parlante come d'abitudine verrà rapidamente, collettivamente martellato al più vicino stipite e zittito all'istante.

E poi arriva Lui.
Lui è un vocione forte e sicuro. Lui è luminoso di speranza, è colorato, è un vocione arricchito da un'aureola di mille sponsor che incorniciano il suo bellissimo volto fatto di tabelle variopinte.
È un vocione fatto di "Previsioni fino a 15 giorni!" ma che dico 15, "Previsioni fino a 30 giorni!"
Previsioni per sempre!

Tu gli vai incontro e lo abbracci. Lo abbracci perché lui abbrevierà la tua ansia.
Se sei fortunato e lui ti dice che sarà bel tempo allora tu sei felice, sei raggiante più del sole stesso che illuminerà il tuo barbecue.
Se lui invece ti dice pioggia allora un velo calerà sul tuo volto ma che importa? Quel che conta è sapere. Quel che conta è che la delusione inizierai a spalmarla da oggi fino al fatidico, bagnato, giorno predestinato. Quel che conta è che così, forse, peserà un po' meno.

E per questo tu gli credi. Per questo tu lo clicchi. Per questo, inconsapevole, tu lo foraggi.
Per questo tu guardi con disprezzo quei piccoli grilli parlanti. Quei tapini che, cocciuti, si ostinano a tentare di convincerti che è tutto soltanto un bellissimo trucco. Che non è conoscenza quella che il vocione ti ha dato. Non è conoscenza ma qualcosa meno di un complicatissimo lancio di una sovvenzionatissima monetina.

Se ancora non mi sono spiegata, provo a raccontarvi una storia.
C'eri una volta tu. Tu avevi trovato una lampada magica (si chiamava LaLampada.it, ma questo poco importa).
Un bel giorno tu sfreghi la lampada e chiedi un unicorno. Non ti serve a nulla. Non te ne fai nulla ma ti hanno detto che si può fare e allora da quel momento non c'è nulla in cielo e in terra che tu desideri di più di un meraviglioso unicorno immacolato per riempire di gioia le tue grigie giornate.
Tu chiedi un unicorno.
Il vocione ti dà l'unicorno.
Lui attacca una candela su un ronzino e, sorridente, ti mostra il tuo bellissimo unicorno.
E tu lo accetti. Lo accetti e ti piace. Ti piace e ti ci affezioni. Ti ci affezioni perché è esattamente quello che volevi.

E qui, povera me, arrivo io. Arrivo io, piccolo grillo parlante che sono appena faticosamente riuscita a scollarmi dallo stipite sudicio di prima. Arrivo io e per cercare di farti capire tiro appena appena e la candela si stacca.
La candela si stacca perché sarebbe bello, ma di unicorni veri in giro proprio non ce n'è. Insomma, arrivo io e davanti ai tuoi occhi inorriditi libero il povero ronzino e ti faccio cadere la candela sui piedi tu la raccogli. Tu la guardi. Tu me la tiri in testa e mi dici "disfattista".

Che poi a voler ben vedere non era neppure un cavallo: era una mucca.
(E a Ferragosto tanto piove)